Leader di te stesso: la leadership non è una questione di ruolo
- Stefano Centineo
- 20 ott
- Tempo di lettura: 4 min

A volte capita all’improvviso. Ti ritrovi a gestire un progetto complesso. Un collega ti chiede consiglio e ti rendi conto che ti vede come un punto di riferimento. Oppure arriva la prima promozione, e dopo i complimenti, resta il peso reale di dover guidare delle persone.
Nel mio caso, è successo quando ho dovuto condurre una riunione delicatissima con uno stakeholder chiave, durante una fase critica di un progetto infrastrutturale. Il team di ingegneri aveva passato settimane a progettare qualcosa di praticamente impossibile (chi ha mai lavorato con architetti troppo visionari, capisce di cosa parlo 🙄).
Ero lì, davanti a un pubblico che respingeva ogni proposta con un’aggressività disarmante. Mi sono bloccato. Panico puro. Ho dovuto scrivere di nascosto al mio capo per chiedergli di intervenire.
Questi momenti restano impressi perché ti sbattono in faccia una verità semplice: la leadership non arriva con il titolo.Non è un interruttore che si accende quando ti promuovono. È una competenza che costruisci molto prima.Se aspetti di “dover” guidare per imparare a farlo, arrivi tardi.
Le quattro fasi della competenza
Lo sviluppo della leadership segue lo stesso percorso di qualsiasi altra abilità.Il modello delle Quattro Fasi della Competenza aiuta a capire dove ti trovi:
Incompetenza inconscia – Non sai nemmeno che ti serve quella competenza. All’inizio molti credono che basti la bravura tecnica. Non è così. La leadership richiede tutt’altro tipo di muscoli.
Incompetenza conscia – Ti accorgi che ti manca qualcosa. È una fase scomoda, perché l’autoconsapevolezza porta insicurezza. Senza intelligenza emotiva, quell’insicurezza diventa difensività: micromanagement, bisogno di avere sempre ragione, o paura del feedback.
Competenza conscia – Hai imparato, ma ti serve concentrazione. Ti prepari, pensi prima di agire, e senti che stai “lavorando” per guidare. Ma sotto pressione puoi ricadere nei vecchi schemi.
Competenza inconscia – La leadership diventa naturale. Gestisci tensioni, conflitti e cambiamenti con lucidità, senza sforzo.Più presto ci arrivi, più autentico e sicuro sarai quando arriveranno le vere responsabilità.
Molti aspettano di avere il ruolo prima di imparare.Il problema è che, a quel punto, stai imparando mentre gestisci persone, scadenze e obiettivi. Ed è lì che le crepe si vedono tutte.

Confusione sull'intelligenza emotiva
Quando la leadership vacilla, il punto debole è quasi sempre l’intelligenza emotiva: la capacità di capire le proprie reazioni, gestirle e usarle per costruire fiducia invece che romperla. Senza quella consapevolezza, la pressione tira fuori il peggio. E molti leader finiscono in questi errori classici:
Confondere il controllo con la competenza. Quando non sai guidare con l’influenza, provi a farlo col controllo. Supervisioni ogni decisione, approvi ogni dettaglio, dici agli altri come lavorare invece di chiarire dove devono arrivare. Ti fa sentire più sicuro, ma uccide fiducia e iniziativa.
Scambiare l’obbedienza per il successo. Se pensi che un buon team sia quello che “fa tutto senza lamentarsi”, ti stai perdendo la parte importante. L’obbedienza non è coinvolgimento. I team che funzionano sono motivati, non solo disciplinati. L’intelligenza emotiva ti aiuta a capire quando le persone eseguono senza crederci davvero.
Evitare i conflitti per paura del disagio.Molti pensano che evitare le discussioni mantenga la pace. In realtà, alimenta il rancore silenzioso. Se non impari presto a gestire conversazioni difficili, finirai o per lasciar marcire i problemi, o per esplodere quando è troppo tardi.
Questi comportamenti non nascono da cattiveria. Sono solo strategie di sopravvivenza. Ma ti costano fiducia, rispetto e risultati.
Sviluppando una solida intelligenza emotiva impari a reggere la pressione senza scaricarla sugli altri. Sai ascoltare anche quando ti senti messo in discussione. Sai adattarti senza perdere coerenza.
Self-leadership: lo spazio di allenamento
Non puoi guidare gli altri se non sai guidare te stesso.Non parlo di organizzazione o disciplina, ma della capacità di affrontare le difficoltà senza aspettare che qualcun altro ti salvi.
Allenare l’autoleadership presto ti aiuta a:
Riflettere prima di reagire. All’inizio puoi ancora sbagliare senza conseguenze devastanti. Sfrutta quella libertà per capire i tuoi automatismi. Dopo un errore o un conflitto, chiediti cosa ti ha fatto reagire così e cosa potresti fare diversamente.
Gestire lo stress senza contagiare gli altri. Tutti abbiamo avuto un capo che spargeva tensione ovunque. Non serve fingere serenità, ma imparare a elaborare la pressione in modo sano, così da non farne il problema del team.
Prendere in mano la tua crescita. Non aspettare che sia il tuo manager a spingerti. Chiedi feedback, cerca nuove sfide, trova occasioni per metterti in gioco. I leader che lo fanno presto non si limitano a raggiungere gli obiettivi: li alzano.
Questo è ciò che trasforma la leadership da una continua “dimostrazione di valore” a un atto di servizio verso il team.
Comportarsi da leader da subito cambia tutto
Quando inizi a sviluppare la leadership prima del ruolo, smette di sembrare una tecnica. Diventa parte del tuo modo di essere. Non stai “recitando” il leader, lo sei, naturalmente.
È allora che avviene il vero salto di qualità: non hai paura di ammettere ciò che non sai, di mostrare dubbi o fragilità senza perdere autorevolezza. Perché hai imparato a farlo con consapevolezza e professionalità.
Il tuo team non vedrà debolezza in quella vulnerabilità. Vedrà coraggio. Vedrà un leader umano, che guida con autenticità invece di fingere perfezione.
Un buon leader non è quello senza difetti, ma quello che si assume la responsabilità di andare avanti anche con i propri difetti.
Quindi, comincia adesso. Allenati a guidare te stesso. Sviluppa le abitudini che ti renderanno un leader capace e vero.
Perché quando arriverà il momento di guidare gli altri, darai anche a loro il coraggio di fare lo stesso.
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